“In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa il mio pensiero va agli ultimi, che ogni giorno gridano al Signore chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto. Sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione. Sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso. Sono gli ultimi lasciati in campi di un'accoglienza troppo lungo per essere chiamata temporanea”. Ultimi che gridano, parole pesanti che lasciano un segno forte in Basilica, davanti ai circa 250 tra migranti e volontari arrivati per ricordare gli altri che non ce l' hanno fatta, inghiottiti dal mare. Volti segnati, uomini, donne e tanti bambini dallo sguardo già rigido, provato. Altro punto che apre la riflessione è l'accoglienza, troppo lunga per essere temporanea. Papa Francesco ricorda così il sesto anniversario della visita a Lampedusa in memoria delle vittime del mare. Allora, nel 2013, l'immagine che ha fatto il giro del mondo, la corona lanciata in acqua e la benedizione alle vittime. Ho sentito che dovevo venire qui a pregare, furono allora le sue parole per risvegliare le coscienze, perché ciò che è accaduto, disse, non si ripeta. Oggi, dopo 6 anni, Papa Francesco parla di grido degli ultimi. “Sono persone, non si tratta solo di questioni sociali o migratorie, non si tratta solo di migranti nel duplice senso che i migranti sono prima di tutto persone umana e che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati nella società globalizzata”. Sono persone, non sono solo questioni sociali o migratorie, ha ripetuto il Santo Padre con coraggio in questo periodo in cui le questioni migratorie sono al centro del dibattito politico.