Eliminare il rischio rappresentato dalle correnti interne alla magistratura e mettere sullo stesso piano accusa e difesa. Sono questi, in primis, gli obiettivi della riforma costituzionale della Giustizia voluta dal Governo e dal guardasigilli Carlo Nordio. Il DDL non prevede modifiche all'articolo 112 della Costituzione che riguarda l'obbligatorietà dell'azione penale, ma una serie di cambiamenti sostanziali all'attuale assetto della Giustizia. A cominciare dalla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri che avranno concorsi e vite professionali distinte. Non sarà più possibile passare da una funzione all'altra, cosa che attualmente è consentita una sola volta nella carriera. Cambia anche il Consiglio Superiore della Magistratura, diviso in due sezioni: una per i magistrati requirenti, l'altra per quelli giudicanti, anche in questo caso per provare a circoscrivere il ruolo delle correnti. Al vertice resta il Presidente della Repubblica e il Csm, attualmente organo di autogoverno della magistratura, perde anche la sezione disciplinare. Diventerà un'alta corte, formata da nove membri, l'organo di tutela giurisdizionale contro i provvedimenti amministrativi assunti dai consigli superiori della magistratura ordinaria, amministrativa e tributaria, anche se non è escluso che l'alta corte possa agire come giudice già in prima istanza e non in appello. In chiave anti correnti è da leggere anche il sorteggio secco dei candidati togati del Csm, che dunque non saranno più eletti dai magistrati, mentre i membri laici restano eletti dal Parlamento. Per la prima volta nella storia repubblicana, poi, gli avvocati entrano nella Carta Costituzionale.