L’incertezza per il futuro tiene chiuso il portafoglio degli italiani. A quattro mesi dalla riapertura di negozi, ristoranti, bar e altre attività commerciali, i consumi restano lontani dai livelli precedenti all'inizio dell'emergenza sanitaria e la ripresa degli acquisti procede lentamente. Sono soprattutto i negozi tradizionali quelli a soffrire di più. Nelle piccole e medie attività i registratori di cassa non lavorano a pieno ritmo e si calcola un calo delle entrate di quasi 60 miliardi. Ogni famiglia, stima Confesercenti, fra marzo e agosto ha speso in media 2300 euro in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Il conto più salato per chi vende abbigliamento e calzature, mobili e arredamento in genere, ma è drammatica la situazione anche per tutte quelle imprese legate al turismo e ad attività ricreative e culturali. Se si escludono le vendite di beni alimentari cioè la spesa al supermercato e quelle online, non c'è settore che non stia patendo la crisi causata dalla pandemia. E il ritorno alla normalità appare distante. Al taglio degli acquisti non ha contribuito solo la chiusura dei negozi ma anche il calo dei redditi che ha colpito lavoratori dipendenti e autonomi, con percentuali a doppia cifra. Il crollo dei consumi, come ha ricordato di recente l'Istat, ha contribuito in modo notevole a trascinare in basso l'intera economia che fra aprile e giugno, ha registrato un crollo del prodotto interno lordo di quasi 13 punti. Nei mesi estivi le cose sono andate meglio, tanto che il Ministro all'economia, Roberto Gualtieri si aspetta un balzo robusto e qualche segnale in questo senso arriva dall'industria. La produzione nelle nostre fabbriche a luglio è salita del 7,4% mensile. Un andamento superiore a quello registrato da Germania e Francia, ma siamo, come il resto d'Europa, ancora molto distanti da quanto accadeva nel 2019.