Ma alla fine l'edificio delle pensioni italiane, regge? Nonostante diverse crepe, la risposta parrebbe: sì, almeno per il centro studi Itinerari Previdenziali, che ha fatto un check up completo della struttura nel suo 12esimo rapporto. Anzitutto, chi abita questo palazzo? Tanti, tantissimi italiani: 16 milioni e 230 mila. Come dire che su 3,63 residenti, almeno uno è pensionato. Sono troppi? Nì, perché nel 2023, ultimo anno completo come dati disponibili, l'aumento dell'occupazione ha migliorato un po' il rapporto tra attivi e pensionati. Per ogni italiano a riposo, ci sono 1,46 occupati, valore più alto dall'inizio della serie storica nel 2012. La soglia di sicurezza sarebbe a 1,5. Ci possiamo arrivare? Non se continuiamo a minare le fondamenta con eccessivi anticipi o con una età di pensionamento non coerente con le tendenze demografiche, leggi: innalzamento delle aspettative di vita, avverte il rapporto. Che riporta un esempio plastico: nel 2023 risultavano pagati oltre 334mila assegni a persone andate in pensione nel 1980, ossia 43 anni prima. E andiamoci piano anche con le decontribuzioni, vista la spesa complessiva: 267 miliardi, il 12,5% del PIL nazionale. Livello che sale al 14,6 se si contano anche gli interventi assistenziali, che nell'ultimo anno considerato, sono aumentati di quasi il 10%. I pensionati totalmente o parzialmente assistiti sono oltre 6 milioni e mezzo, il 40% del totale. Per il rapporto bisogna arrivare a una separazione tra i due pilastri dell'edificio. Previdenza, per definizione legata ai contributi versati e assistenza, finanziati dal bilancio pubblico. Solo così diminuiremo, forse, gli scricchiolii.