L’Inps smentisce che dal 2027 serviranno tre mesi in più per andare in pensione e mette in pausa il suo simulatore web per calcolare quando si potrà tagliare il traguardo di fine carriera. L’Istituto non precisa se si è trattata di una marcia indietro per correggere quanto denunciato dalla CGIL. E cioè che l’Inps aveva modificato i criteri per adeguarli alla speranza di vita, col risultato che nel 2027 per la pensione di vecchiaia sarebbero serviti 67 anni e 3 mesi di età e per quella anticipata, 43 anni e 3 mesi di contributi a prescindere dal requisito anagrafico, per le donne un anno in meno. Una modifica che può avvenire solo se c’è un atto del governo, del quale non c’è traccia al momento. Le cose, dunque, per ora rimangono come sono. E il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in nome del suo partito la Lega, ha assicurato che non ci sarà alcun allungamento dei termini nemmeno in futuro. La legge però dice che si esce dal lavoro sempre più tardi man mano che aumenta la speranza di vita oltre i 65 anni. Quindi: se questa aspettativa statisticamente aumenta, ogni due anni per lasciare il posto serviranno tre mesi in più. Si tratta, in pratica, di un automatismo che può essere congelato o per causa eccezionali, come è stato per il Covid con le sue migliaia di decessi, o con una norma. Il meccanismo, introdotto nel 2011, è stato pensato per salvaguardare i conti pubblici: prolungare la permanenza al lavoro significa contenere la spesa per gli assegni targati Inps e sembra andare nella direzione delle ultime scelte del governo, che con la manovra non ha allargato le maglie della previdenza per mancanza di risorse. Da ricordare, inoltre, che l’Istat in autunno aveva indicato come probabile la necessità di 3 mesi in più dal 2027 e la Ragioneria Generale più di recente ha corroborato questa eventualità.