L’anno scorso aveva rischiato di non partecipare agli Australian Open per via delle sue posizioni contro il vaccino, e la vicenda aveva assunto i contorni di una crisi internazionale. Quest’anno Novak Djokovic, che se la vedrà in finale domenica mattina contro il greco Stefanos Tsitsipas, è di nuovo al centro di accese polemiche. Ma questa volta per via di suo padre Srdjan, filmato mercoledì sera sulle gradinate della Rod Laver Arena in compagnia di alcuni tifosi filo russi intenti a inneggiare a Putin con bandiere con il suo volto e con indosso magliette con la Z, la lettera simbolo della guerra del Presidente russo. Quattro di loro sono poi stati fermati dalla polizia di Melbourne. Dopo la vittoria in semifinale contro lo statunitense Tommy Paul il tennista, attualmente quinto nel ranking mondiale e nove volte vincitore del torneo australiano, ha rotto il silenzio, intervenendo in conferenza stampa in difesa del genitore. "È stato male interpretato e strumentalizzato dai simpatizzanti di Putin", è la tesi del campione che ora chiede che suo padre possa assistere alla finale. Lo stesso padre che, travolto dalle polemiche, aveva fatto un passo indietro, spiegando in una lettera aperta che non avrebbe partecipato alla semifinale: "La nostra famiglia ha attraversato gli orrori della guerra e tutto ciò che vogliamo è la pace", era stata la difesa. Che non tutti hanno giudicato però sufficiente. Come la tennista ucraina Marta Kostyuk che si è detta "sconvolta, turbata da quanto avvenuto”. “Non importa chi sei, nessuno -ha commentato- ha il diritto di sventolare quelle bandiere".