È in questa nota durissima che i vescovi italiani mettono nero su bianco il proprio disaccordo. Il decreto esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la messa con il popolo. Si legge “I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto” e aggiunge “La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”. Poco dopo la replica del Governo per tentare di ricucire una frattura che appare profonda. “Nei prossimi giorni” fa sapere Palazzo Chigi “si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”. E sì che dall'inizio della pandemia pareva ci fosse piena sintonia tra le due sponde del Tevere con il Papa in prima persona a dare il buon esempio, solo in tutte le liturgie in piazza San Pietro, la recita l'Angelus e delle messa mattutina a Santa Marta, rigorosamente in streaming e le chiese aperte ma senza messe. Il nuovo decreto avrebbe dovuto segnare la svolta, viste anche le trattative serrate e delicate dei giorni scorsi per trovare una soluzione alla ripartenza delle funzioni religiose. Invece Palazzo Chigi apre in minima parte alle richieste della Chiesa, consentendo solo in modo riduttivo le celebrazioni dei funerali. “Sarà molto difficile far capire perché si potrà tornare nelle fabbriche e negli uffici non si potrà partecipare alla messa domenicale”, scrive il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, “I sacrifici si capiscono e si accettano” conclude, “le ingiustizie no”.