La Russia non divulga dettagli sui negoziati in corso. "La nostra è una scelta responsabile che deriva dalla volontà di non influenzare le discussioni in corso". Dimitry Peskov attende la serata moscovita per spiegare il perché la giornata appena trascorsa è stata stranamente avara di indiscrezioni. Il Cremlino vorrebbe colloqui più di sostanza, ha insistito il portavoce di Putin, e si è rammaricato per la lentezza dei progressi. Eppure, non erano mancate le novità. Il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo consueto messaggio notturno aveva rinnovato la proposta di un faccia a faccia con il Presidente russo, “in qualsiasi formato” e, soprattutto, sembrava più disponibile a mettere in discussione il principio dell’integrità territoriale ucraina. Un vero macigno sulla prosecuzione dei negoziati. Perché se da un lato è comprensibile che Kiev non intenda rinunciare al Donbass e alla Crimea, su cui de facto non esercita la sua sovranità dal 2014, è altrettanto vero che Mosca non ha alcun interesse a sedersi al tavolo per mettere in discussione quel che ha conquistato sul campo. Del resto, se Kiev ha di che preoccuparsi, neanche Mosca può festeggiare. È vero che avanza sul campo, ma le cifre che emergono sul numero di caduti sono drammatiche: 15.000 soldati morti, secondo quanto emerge dai report occidentali. Numeri difficili da verificare ma che, per quanto generosi, descrivono un’avanzata a carissimo prezzo. Un prezzo che non si sa se i russi sono davvero disposti a pagare. E mentre il pugno di Mosca si abbatte sull'opposizione, condannando a 9 anni con accuse pretestuose l'oppositore Navalny, Dmitry Peskov ha gioco facile a dire che il 75% dell'opinione pubblica è a favore dell' operazione speciale. Il 25% è contro, ammette, ma ne terremo conto. E un brivido corre in chi lo ascolta.























