Passata la deadline di mezzanotte, come ultima possibilità di formare un nuovo Governo, il giovedì mattina degli israeliani ha avuto inizio, avvolto in una nuvola di incredulità e fastidio. Si andrà presto nuovamente a votare, il prossimo 17 settembre, dopo le elezioni dello scorso 9 aprile. Il Premier Benjamin Netanyahu, inseguito in questi ultimi travagliati anni anche da questioni giudiziarie, aveva cercato fino all'ultimo, di evitare quanto mai accaduto in 71 anni di storia dello Stato ebraico e cioè che dopo un'elezione non si riuscisse a formare una maggioranza. Missione che si è rivelata impossibile, anche e soprattutto perché appare irrecuperabile il rapporto con l'ex Ministro della difesa, Avigdor Lieberman, dimessosi lo scorso novembre. La formazione guidata da quest'ultimo, quindi, Israel Beitenu si è chiamata fuori. L'accordo tra il Likud e il partito di Lieberman non si è trovato, anche e soprattutto, per la questione del servizio militare anche per gli ultraortodossi, ora esentati dal farlo per motivi religiosi che l'ex Ministro della difesa avrebbe voluto introdurre. Una proposta irricevibile per il Likud di Netanyahu, perché avrebbe voluto dire rompere con i partiti religiosi, alleati chiave. Bibi conta, non si sa con quanto azzardo, di vincere ancora più nettamente le prossime elezioni, per avere più libertà di manovra. Un rischio in ogni caso, considerato che il Premier potrebbe presto dover affrontare un processo, anche se la Procura Generale ha rimandato tutto ad ottobre. Secondo il quotidiano Haaretz, Lieberman avrebbe forzato la mano, per proporsi come sua alternativa a breve-medio termine.