Vietare alle forze dell'ordine l'uso di armi e lacrimogeni contro i manifestanti, è quanto deciso dall'Alta Corte del Kenya che ha emesso inoltre un'ordinanza che proibisce alla polizia qualsiasi trattamento crudele, inumano e degradante nei confronti dei dimostranti. Una decisione che arriva nelle ore successive alle manifestazioni che hanno interessato gran parte del Paese, sfociate in disordine e scontri con la polizia che ha più volte aperto il fuoco sui dimostranti, sono decine le vittime, oltre 300 i feriti. Una protesta nata per chiedere le dimissioni del presidente William Ruto, al potere da 2 anni e il ritiro del controverso disegno di legge finanziaria che mirava, nelle intenzioni del Governo, alla raccolta di 2,7 miliardi di dollari in tasse aggiuntive, per ridurre il deficit di bilancio di indebitamento, andata avanti nonostante il passo indietro del presidente che il 26 giugno ha ritirato il provvedimento. A scendere in strada sono stati i più giovani, laureati ma senza un lavoro, mossi dal timore che le misure previste avrebbero soffocato l'economia e aumentato il costo della vita per le persone che già lottano per arrivare a fine mese, dopo giorni sembra ora essere tornata la calma, con i negozi che nella capitale, Nairobi, riaprono dopo le chiusure forzate e i commercianti che ripuliscono dopo gli scontri e le violenze. Sui giornali campeggiano le foto delle vittime, avevano tra i 17 e 35 anni. Le prime pagine sono dedicate al racconto di quanto accaduto, il ripensamento di Ruto che è arrivato in seguito alla pressione internazionale, con il segretario dell'ONU Antonio Guterres che ha fatto appello alla responsabilità e chiesto l'avvio di un'indagine sulle morti e gli Stati Uniti che hanno ricordato al Governo di Nairobi il rispetto dei diritti umani.