Prima a Tripoli, poi Bengasi e Tobruk. Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio torna dalla missione in Libia dopo aver incontrato tutte le parti in campo e traccia la linea italiana per una via diplomatica d’uscita dal conflitto nel Paese. “L'Italia, da sempre interlocutore privilegiato dei libici, ha perso terreno”, ammette di Maio, “è quindi tempo di rimediare”. L'Italia istituirà un inviato speciale del Governo italiano che risponde alla Farnesina, che risponde al Ministero degli Esteri, per poter avere un rapporto di alto livello politico continuo, intenso, con tutte le parti libiche. I rapporti con Tripoli, da sempre strategici, tornano in primo piano per Roma. Si traccia la via: il rilancio della conferenza di pace di Berlino, massimo supporto all'inviato dell'ONU, ma soprattutto la volontà di una rinnovata missione europea, Italia in testa, con Francia, Germania e Inghilterra unite nel sostenere una missione del nuovo commissario Borrell. L'altra cosa che farò nelle prossime ore è sentire Mike Pompeo, il Segretario di Stato americano. Subito dopo sentirò il Ministro degli Esteri russo e quello turco. È chiaro ed evidente che la Libia è un conflitto… il conflitto in Libia è un conflitto in cui ci sono tante interferenze. Il conflitto libico è sempre più complesso e internazionalizzato. Oltre la frammentazione territoriale interna, dalla scorsa primavera le milizie del generale Haftar, il leader militare della Cirenaica, sono in marcia contro il Governo di unità nazionale di Tripoli. Dietro il confronto tra i due leader, il differente posizionamento e sostegno armato internazionale, che vede in campo e contrapposti Russia, Egitto, Arabia Saudita e Turchia e che spinge la diplomazia italiana ad affrettarsi a rilanciare il proprio ruolo di mediatore e quello dell'Unione europea.