Da grande assente a protagonista indiscussa. Dopo l'attentato al London Bridge di venerdì, la minaccia terrorismo, irrompe nella campagna elettorale. E mentre il Paese rende omaggio alle vittime con una veglia e con momenti di silenzio, da Londra a Cambridge, la questione “sicurezza” diventa immediatamente materia di scontro e strumentalizzazioni, tanto che il padre di una delle vittime si sfoga: “Alcuni titoli di giornali sono ignobile propaganda”. I due sfidanti spalla a spalla con il Sindaco Sadiq Khan, nel momento di raccoglimento, vanno alla conquista dell'opinione pubblica, dell'elettorato, cercano di imporre la propria narrativa, mentre i sondaggi raccontano di un partito conservatore, sempre in testa, con un vantaggio ancora importante, ma in costante contrazione. Per Jeremy Corbyn la radice di quanto successo va ricercata anche, se non soprattutto, nei tagli subiti dal sistema di polizia e di giustizia, negli ultimi 9 anni di austerity, firmato dai governi conservatori. E sottolinea: “no, non credo che necessariamente un condannato per terrorismo debba scontare tutta la pena in carcere, in una rivendicazione dell'impegno per il reintegro dei detenuti. Per Boris Johnson, al contrario, quelle radici sono nelle norme approvate dall'ultimo esecutivo laburista e mai cancellate dai Tories, che permettono la concessione della libertà vigilata in maniera praticamente automatica. Entrambi hanno una parte di ragione, entrambi cercano di imporsi, con il Primo Ministro che promette: “rivedremo le regole, le renderemo più stringenti”. Intanto i controlli aggiuntivi decisi dopo l'attacco, su 74 terroristi in libertà vigilata, hanno portato per averne violato le norme, all'arresto di Denasam Hussein 34 anni, amico dell'attentatore del London Bridge, con lui era stato condannato nel 2012. Torna in carcere, ma al momento gli investigatori non credono che fosse a conoscenza del piano di Usman Khan.