Israele lancia l'ennesimo ultimatum ad Hamas. Secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, che cita funzionari egiziani, lo Stato ebraico avrebbe dato al movimento islamista palestinese, una settimana di tempo per accettare l'accordo di una tregua all'interno della Striscia di Gaza, altrimenti l'IDF inizierà l'operazione militare a Rafah. Nonostante gli sforzi di Egitto, Qatar e Stati Uniti, i principali Paesi mediatori, le trattative potrebbero ancora una volta naufragare. Yahya Sinwar, il capo dei capi di Hamas a Gaza, non intende negoziare su un cessate il fuoco permanente, condizione però da sempre respinta dal Premier israeliano Benjamin Netanyahu, che indipendentemente dal raggiungimento di un accordo o meno con la fazione islamista, non è disposto a rinunciare all'offensiva nella parte più a Sud della Striscia di Gaza. Un'operazione, per il leader del Likud, necessaria per raggiungere la cosiddetta vittoria totale, perché volta ad eliminare gli ultimi quattro battaglioni di Hamas nell'enclave. Mentre l'ONU e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, temono che l'operazione a Rafah potrebbe portare ad un bagno di sangue e indebolire ulteriormente un sistema sanitario già in crisi, Stati Uniti e Regno Unito lanciano attacchi verso postazioni strategiche degli houthi, i ribelli sciiti filoiraniani dello Yemen, che sono pronti a colpire le navi dirette verso i porti israeliani, intensificando così un'offensiva iniziata a metà novembre contro le navi affiliate allo Stato ebraico che navigano nel Mar Rosso, uno specchio d'acqua strategico dove transita circa il 40% del traffico marittimo internazionale. Una risposta, la loro, all'operazione militare israeliana a Gaza e un modo per sostenere il popolo palestinese.























