Dalle parole agli insulti, dagli insulti alle minacce, dalle minacce ai venti di guerra. La tensione fra Corea del Nord e Stati Uniti si alza di giorno in giorno, di dichiarazione in dichiarazione, dopo che ieri il Ministro degli esteri nordcoreano Ri Yong Ho ha chiarito che, secondo Pyongyang, gli USA hanno dichiarato guerra e che, quindi, gli uomini di Kim Jong-un si sentono autorizzati ad abbattere il jet americani anche se non entrano nel loro spazio aereo. I servizi sudcoreani hanno rivelato un rafforzamento delle difese e delle truppe sulla costa est della Corea del Nord, quella a cui si erano avvicinati i bombardieri statunitensi alcuni giorni fa in un volo dimostrativo. Il rischio adesso è che le provocazioni possono essere fraintese e si possa arrivare a quella goccia capace di far traboccare il vaso, un vaso potenzialmente nucleare. Da qui gli inviti alla calma, prima della Casa Bianca, che ha precisato che nessuno ha dichiarato guerra a nessuno e che dire il contrario è un’assurdità. Fino al numero uno della Difesa, James Mattis, che ha voluto sottolineare che gli Stati Uniti vogliono una soluzione diplomatica e che Washington ha le capacità per contrastare le minacce più pericolose della Corea del Nord, ma anche per sostenere la diplomazia. Sforzi diplomatici in cui la Russia fa sapere di essere impegnata in prima linea provando a mediare, seppure dal Cremlino fanno presente che la retorica militare del Presidente degli Stati Uniti non aiuta. Mentre a Pechino si spera che entrambe le parti realizzino presto che l’aggressività e le provocazioni reciproche aumentano solo il rischio di un conflitto; un conflitto, secondo la Cina, che sarebbe una catastrofe senza vincitori.