Come accaduto anche ad altre latitudini negli anni scorsi, anche in Kazakistan, quella che è iniziata come una protesta per il costo della vita, si sta trasformando in una rivolta contro il potere costituito. Migliaia di persone, in un'ondata di manifestazioni senza precedenti nella storia del Paese, sono scese in piazza in diverse città, protestando contro il raddoppio del prezzo del GPL, il carburante a gas usato dalla maggior parte dei veicoli nella zona industriale del Paese, Paese ricchissimo di energie fossili. Per le strade delle principali città kazake, ci sono scontri con la polizia, arresti di centinaia di manifestanti, alcune vittime anche tra le forze di sicurezza e blocchi stradali. Il Presidente Toqaev, ha dimesso il Governo in carica e dimezzato il prezzo del carburante, ma non è bastato a fermare la protesta. In un discorso alla Nazione, ha quindi promesso riforme strutturali e politiche. Il Kazakistan è stato governato e dominato per trent'anni dal Presidente Nazarbaev, che ha impedito qualsiasi manifestazione di dissenso. Ritiratosi da due anni ha, conservato fino ad oggi, il ruolo di Padre della Patria e Capo del Consiglio di Sicurezza, carica lasciata solo nelle ultime ore. La popolazione che ha visto accresciuto il suo tenore di vita, ora chiede riforme, modernizzazione del Paese e una politica affidabile. Per questo le proteste sul caro GPL, non si fermeranno solo con i prezzi calmierati. La Russia, storica alleata dello Stato che fino al '91 faceva parte dell'Unione Sovietica, accusa l'Occidente di fomentare la protesta, mentre l'Europa, di cui il Kazakistan è un importantissimo alleato strategico, invita alla moderazione e alla fine delle violenze.























