Alla fine lo stop alla tanto contestata riforma della Giustizia è arrivato. Secondo fonti del Governo, Netanyahu ha ceduto dopo un altro fine settimana, il dodicesimo, di proteste e scontri, con il sindacato più grande del Paese che ha annunciato uno sciopero generale storico, con tutti i decolli cancellati all'aeroporto di Tel Aviv da questa mattina e con il sistema sanitario bloccato, dopo che il sindacato dei medici ne ha annunciato il congelamento immediato. Decisioni che confermano la posizione dei sindacati e di buona parte dell'opinione pubblica contrari alla riforma della Giustizia voluta dal Governo, che secondo i detrattori mette a rischio l'autonomia del potere giudiziario. Oltre 600 mila le persone che sono scese in strada, nell'ultimo fine settimana, contro il licenziamento del Ministro della Difesa Gallant, primo membro del Governo ad aver chiesto apertamente una sospensione dell'iter di riforma Giudiziaria che sta spaccando il Paese, una riforma avviata mentre lo stesso premier è sotto processo per corruzione, frode e abuso di potere e che mette a repentaglio la democrazia nel Paese. A chiedere uno stop alla riforma della Giustizia anche il presidente israeliano Herzog, che al premier ha chiesto un passo indietro su un provvedimento che indebolisce, a suo avviso, il sistema giudiziario e che oltre a portare migliaia di israeliani in piazza da settimane, sta mettendo a dura prova la tenuta di Governo. Secondo la stampa locale infatti, i partiti di estrema destra della sua coalizione di Governo minacciano di far cadere l'esecutivo se il premier lascerà cadere la riforma della Giustizia. Su quanto sta accadendo nel Paese hanno espresso preoccupazione anche gli Stati Uniti, chiedendo a Netanyahu di trovare un compromesso.