I militari siriani arrivano a notte fonda a Kobane, nell'estremo nord del Paese. L’accoglienza riservata alle forze fedeli a Bashar al-Assad è trionfale. Nella città simbolo della resistenza curda contro l’Isis, si materializza un pezzo della partita, strategica e in corso, tra la diplomazia internazionale per fermare una possibile invasione delle truppe di Erdogan in Siria. Dall’inizio dell'offensiva turca nelle zone curde siriane, dopo una settimana di scontri e raid, Ankara aggiorna il bilancio a 650 terroristi uccisi. Sono almeno 250.000 gli sfollati in fuga dai combattimenti. “L'operazione Fonte di Pace finirà - dice Tayyip Erdogan – solo quando i terroristi usciranno dalla zona di sicurezza, che la Turchia vuole creare intorno ai suoi confini”, preludio di una massiccia intrusione dei militari turchi in Siria. Nelle ultime ore i soldati di Damasco sono entrati anche a Manbij, città strategica nei piani turchi, sottratta con ferro e sangue dai combattenti curdi all'espansione islamista, che nelle ultime ore ha visto l'uscita di scena dei militari americani, che hanno lasciato le basi su ordine del Presidente Trump, con parere contrario del Senato americano, che ha votato a maggioranza una risoluzione contro il ritiro. Al loro posto i russi e gli uomini di Assad. Dopo la condanna unanime alla Turchia da parte delle Nazioni Unite, la svolta nell'avanzata turca è arrivata, con l'intervento russo, al momento l'unico interlocutore del Presidente turco Erdogan, che sembra snobbare anche il Vicepresidente Usa Pence ad Ankara, scegliendo di parlare di Siria solo con Putin a Sochi, il 22 ottobre prossimo.