Nonostante il rappresentante speciale dell'ONU per la Libia abbia parlato di crimine di guerra, nonostante l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani abbia condannato il raid, nonostante l'indignazione, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito a porte chiuse a Palazzo di Vetro, non è riuscito finora a raggiungere alcuna intesa sulla condanna del bombardamento avvenuto martedì sera al centro di detenzione per migranti a Tajoura. Una strage attribuita al generale Khalifa Haftar. Gli stati Uniti, secondo quanto riporta la stampa internazionale, non avrebbero appoggiato la dichiarazione di condanna che conteneva anche una richiesta di cessate il fuoco e il ritorno al dialogo con il Governo di Tripoli. Secondo altre fonti, invece, gli USA sarebbero in attesa di indicazioni da Washington, anche se in realtà la portavoce del Dipartimento di Stato americano ha già stigmatizzato l'accaduto, definendo ripugnante l'attacco aereo che ha fatto decine di morti e centinaia di feriti tra i migranti. Ma di questo massacro le truppe dell'autoproclamato Esercito Nazionale Libico, che fanno capo ad Haftar, negano ogni responsabilità, perché certezze, a parte l'enorme numero di vittime, non ce ne sono. Tant'è che l'OIM, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, e l'UNHCR, l'Agenzia ONU per i rifugiati, hanno chiesto in un comunicato congiunto un'indagine approfondita e indipendente per capire come possa essere accaduto e soprattutto chi sia il responsabile. Secondo le stime delle Nazioni Unite sono migliaia i migranti che, rinchiusi nei centri di detenzione in Libia, attendono di conoscere il loro destino e che adesso sono pericolosamente vicini alla linea del fuoco.