Accuse manipolate. Per Donald Trump attacco e contrattacco restano la strategia vincente e l'unica risposta da dare alla sua base elettorale, che rimane fedelmente al suo fianco, anche dopo la quarta incriminazione che l'ha raggiunto con ben 13 capi di imputazione. Il Gran Giurì del tribunale di Fulton County in Georgia contesta infatti all'ex presidente americano il tentativo di raccogliere illegalmente voti, dichiarazioni false e il complotto per trovare finti elettori e cercare di ribaltare il verdetto delle urne del 2020. Così il tycoon gioca ancora la carta della vittima, parlando di caccia alle streghe che lo colpisce nel bel mezzo della sua campagna politica. Eppure le prove contro di lui non sembrano mancare, in questo caso una registrazione mentre chiede al Segretario di Stato della Georgia di trovare gli 11.780 voti che servivano per vincere contro Joe Biden, il quale lo aveva superato esattamente di tante preferenze nel cruciale swing state. La procuratrice della contea di Fulton ha perciò usato la legge antiracket per accusare Trump e 18 alleati, tra loro spicca il nome di Rudolph Giuliani, di aver partecipato ad una cospirazione e ad un'impresa criminale finalizzata a rovesciare l'esito delle elezioni nello stato. Una legge in realtà concepita proprio contro la criminalità organizzata e già utilizzata in casi di corruzione pubblica. Concedo agli incriminati l'opportunità di consegnarsi entro il 25 agosto a mezzogiorno, ha dunque annunciato la procuratrice, che chiede un processo rapido e per Trump ci sono a questo punto quattro aule di tribunale all'orizzonte nell'anno della campagna elettorale per le presidenziali. Ma questo, per la sua gravità, è il peggiore, trattandosi di accuse statali, come per i reati fiscali contestati a New York, se anche dovesse tornare alla Casa Bianca non potrebbe autoassolversi con la grazia, né potrebbe controllarne gli sviluppi nominando un fedele Ministro della Giustizia.