Quando in una notte di novembre del 2020 Joseph R. Biden viene eletto presidente degli Stati Uniti sembra l'alba di una nuova America. Due volte vicepresidente con Obama e oltre 40 anni di esperienza da pontiere al Congresso di Washington, l'anziano senatore Democratico del Delaware è la figura più adatta a pacificare il paese con se stesso e con il mondo dopo i turbolenti 4 anni precedenti. Ha preso più voti di chiunque altro nella storia e quando si insedia promette, America is back, ma nel suo primo anno alla Casa Bianca non tutto è andato per il verso giusto. Sul fronte della lotta alla pandemia, che ha segnato l'inizio del mandato, Biden ha beneficiato del programma di sintetizzazione del vaccino del suo predecessore. Ha centrato l'obiettivo di somministrare 100 milioni di dosi nei primi 100 giorni, poi la questione è stata abilmente trasformata in politica dai repubblicani e oggi quasi il 40% degli americani non è ancora vaccinato. Anche se il 95% delle scuole è aperto e l'economia pure è più che sufficiente a intasare il sistema sanitario, dando la sensazione che non sia stato fatto abbastanza. Col motto, go big, pensa in grande, è riuscito a ottenere alcune vittorie legislative nonostante il Senato spaccato a metà. A marzo ha portato a casa un piano da 1,9 trilioni di dollari da distribuire a pioggia agli americani, due mesi fa altri 1.200 miliardi di spesa pubblica per infrastrutture. Da allora però ogni provvedimento è diventato una pena. In questa America se non parli di soldi non c'è spazio per la concertazione e quindi per rinnovare la legge sui diritti civili e quello di voto in particolare, la Casa Bianca si trova a dover pregare il Congresso, finora invano. Sul piano economico Biden ha ereditato una situazione di crisi così profonda che il rimbalzo gli consente effettivamente di vantare numeri record. Domanda alle stelle. Sei milioni e mezzo di posti di lavoro creati in un anno, massimo storico. Salari in crescita, disoccupazione al 3,9% quando era al 6,5. Borse in estasi. Tutto talmente bello da inceppare la macchina produttiva e distributiva, provocando una inflazione mostruosa, 7% mai così alta da 40 anni, che si mangia tutti gli aumenti di stipendio. Nonostante la grandissima esperienza anche in politica estera l'amministrazione Biden ha pasticciato un bel po'. Prima il necessario ma caotico ritiro dall'Afghanistan poi lo sgambetto ai francesi sui sottomarini, infine il braccio di ferro con Putin sull'Ucraina, nel quale gli americani fanno la parte del can che abbaia ma non morde e il russo quella di un impermeabile muro di gomma. A proposito di muri, quello al confine col Messico eretto da Trump, è ancora lì anche metaforicamente. Medici Senza Frontiere ha appena definito deludenti le politiche di Biden in tema di immigrazione. Aveva promesso di far tornare gli Stati Uniti una terra di accoglienza ma ha lasciato in piedi le due controverse leggi varate dal predecessore che hanno chiuso i confini provocando una silenziosa crisi umanitaria. A un anno dall'insediamento l'apprezzamento nei suoi confronti è ormai sotto al 50% e per i democratici in vista delle elezioni di metà mandato a novembre i sondaggi sono negativi. Non è raro che un presidente perda l'appoggio del Congresso ma le acque che si appresta a navigare questo signore di 78 anni, tra ipotesi di cospirazione repubblicana e folli deliri di autoritarismo, sono le più incerte e sconosciute che l'America recente ricordi.























