Contrordine, alla crisi nel Golfo Persico va trovata una soluzione politica. Gli Stati Uniti non vogliono essere coinvolti in un'altra guerra. A sostenerlo è lo stesso Donald Trump, in un'intervista alla NBC. Le parole del Presidente seguono di poche ore l'improvvisa marcia indietro sull'attacco di rappresaglia, prima lanciato e poi revocato, in risposta all'abbattimento di un drone americano da parte dei pasdaran sul Golfo di Hormuz. Lo stesso Trump, sostiene il New York Times, ha esitato più volte a premere il grilletto, convinto che gli Stati Uniti abbiamo sprecato troppe vite e troppi soldi nei conflitti in Medio Oriente. È timoroso di compromettere, con una nuova guerra, le sue possibilità di rielezione. Tra accelerate improvvise e brusche frenate non si può dire che il più scottante dossier di politica internazionale e quello sulla crisi nel Golfo Persico sia privo di colpi di scena. La tensione tra i due paesi resta altissima e se per ora l'escalation sul terreno è stata evitata nel cyberspazio la guerra è già scoppiata e Washington annuncia nuove pesanti sanzioni economiche contro la Repubblica islamica. La possibilità di un conflitto tiene col fiato sospeso tutti i governi dell'area. Persino gli Emirati, generalmente poco teneri verso l'Iran, avvertono che la crisi va disinnescata. Resta la domanda: come? come da parte sua il Segretario di Stato Mike Pompeo atterrato a Gedda, in Arabia Saudita, si dice pronto a negoziare con l'Iran senza precondizioni, mentre Presidente Trump propone un nuovo accordo promette che se gli iraniani rinunceranno al loro programma nucleare, lui è pronto a diventare il loro migliore amico, ammesso che a Teheran ci sia ancora qualcuno desideroso di esserlo.