Non sono stati due giorni facili per Vladimir Putin. Il vertice dei paesi del cosiddetto patto di Shanghai doveva essere un incontro con le potenze amiche. Ormai reietto e punito dall'Occidente per l'aggressione e i crimini in Ucraina il presidente russo ha cercato di costruire un'alleanza con il resto del mondo ad iniziare dalla Cina, dall'India e dalla Turchia passando per l'Iran e il resto delle repubbliche centro-asiatiche che facevano parte dell'Unione Sovietica. Ma nei faccia a faccia con i vari leader il presidente russo ha constatato l'irritazione per il caos scatenato in Ucraina che ha destabilizzato l'economia mondiale. Ha ascoltato le preoccupazioni in proposito del suo omologo cinese XI Jinping, ha dovuto subire le critiche sulla sua scelta bellica del presidente indiano Modi che gli ha detto: "Non è tempo di fare la guerra" e prima di incontrarlo a quattr'occhi il presidente turco Erdogan ha chiesto che la guerra finisca il prima possibile chiedendo un ritorno immediato della diplomazia. Con Erdogan però ha firmato un accordo di fornitura di gas che prevede il pagamento di un quarto del metano in rubli e non in dollari e ha chiesto che le aziende russe esportino i loro prodotti tramite la Turchia. Maggiore conforto lo ha ricevuto dalle critiche giunte all'Occidente e agli Stati Uniti da parte degli altri leader presenti, tutti d'accordo nel voler costruire un nuovo ordine mondiale. Intanto sul fronte opposto si sono incontrati i capi militari della NATO che hanno sottolineato la difficoltà dell'industria russa di rifornire il suo apparato bellico. Ma il segretario generale Stoltenberg ha detto che la fine della guerra è ancora lontana. Insomma se il conflitto secondo tutti è destinato ancora a durare a lungo sia le potenze occidentali che quelle asiatiche che si sono incontrate a Samarcanda iniziano ad esser seriamente preoccupate dell'instabilità e della crisi globale che ne sono derivate e si trovano, almeno in questo, tutte d'accordo.























