A Campo Marzo, quartier generale dei pentastellati, la riunione da remoto di Deputati e Senatori va avanti per ore e alla fine Giuseppe Conte ributta la palla nella metà campo di Mario Draghi. Deve valutare le condizioni e decidere il perimetro di questo percorso. "La nostra linea è molto chiara e coerente", incalza il leader 5 Stelle che segnala l'odio verso di noi "Draghi sia garante se vuole collaborazione". "Draghi, insiste, metta le nostre priorità nell' agenda di Governo". Finora Il pendolo è dalla parte dei "pasdaran" di Giuseppe Conte, che si preparano allo strappo dal Governo se non avranno risposte adeguate su quei 9 punti finiti sul tavolo di Palazzo Chigi che per il leader e i suoi fedelissimi, sono diventati la linea del Piave da cui dipende la permanenza nella maggioranza di unità nazionale. A venire allo scoperto è stato il capogruppo alla Camera Davide Crippa, che ha ricordato che il Movimento ha già spiegato che il mancato voto di fiducia al Decreto Aiuti non era un no al Governo e mercoledì, ha avvertito Crippa, è il momento di dimostrarlo sostenendo Draghi. Per tutta risposta Conte ha accusato il suo capogruppo di essere il regista del tentativo di partire con il voto di fiducia da Montecitorio dove sarebbe stata plastica la spaccatura numerica e politica tra i contiani e i governisti. A Palazzo Madama, i Senatori di fede contiana, sarebbero invece compatti di certo dopo tre giorni di tensioni e discussioni restano le divisioni interne e non si esclude un supplemento di scissione in caso Conte si schierasse apertamente mercoledì, contro la fiducia al Governo. "Chi vuole lasciare, avrebbe detto il leader in assemblea, lo faccia subito e senza ambiguità".























