Chi pensava che la competizione preelettorale sulle riforme si trasformasse presto e bene in cooperazione istituzionale, pare che si sbagli, sembra anzi il contrario anche a voler declassare a semplice ragazzata il menar le mani nell'aula della Camera, il clima dopo le elezioni sembra ancora meno adatto a qualsiasi forma di collaborazione. Tutto precipita in fretta verso la resa dei conti referendaria, il Centro-Destra convinto di imporre la sua idea di democrazia con lo stesso consenso delle elezioni politiche ed europee, l'opposizione che cerca nel referendum lo strumento per dimostrare la tesi che va ripetendo da poco meno di due anni: che la Maggioranza è tale in Parlamento per l'azione congiunta di una pessima legge elettorale e di una vasta astensione ma non è Maggioranza nel Paese. Prima ancora di confutare le due opposte tesi quel che è certo è la conseguenza della reciproca posizione di non dialogo all'apparenza inamovibile. E la conseguenza, anzi le due possibili conseguenze sono che o l'Italia si troverà ad avere un assetto costituzionale nuovo ma inviso prevedibilmente a metà del Paese oppure che farà di nuovo a meno di una riforma di cui negli ultimi vent'anni tutte le forze politiche hanno sentito il bisogno. Entrambe queste conseguenze per il sistema Paese nel suo complesso sembrano fortemente negative e spiegheranno i loro effetti con ogni probabilità anche nel lungo periodo. Gli schieramenti contrapposti Maggioranza e Opposizione farebbero bene anche a valutare il rischio di una sconfitta insieme alla speranza di una vittoria.Iil campo perdente potrebbe presentarsi il giorno dopo pieno di macerie quello vincente con metà Paese convintamente contro. E se questo è fisiologico all'indomani di elezioni politiche diventa pericoloso quando si contende sulle regole del gioco: togliere il piede dall'acceleratore in questa che pare in tutti i sensi una discesa insidiosa potrebbe essere un gesto di responsabilità e sensibilità democratica.























