La batteria di Max Weinberg che picchia duro, la chitarra di Miami Steve come una lama potente, le tastiere di Roy Bittan a compattare una rabbia scaraventata in sala di registrazione della guerra in Vietnam. Da lì viene il testo della canzone che taglia la protesta di quel conflitto mai vinto dall'America che brucia ancora oggi quasi mezzo secolo dopo. Se l'anima dell'America morirà avvelenata sul referto dell'autopsia dovrà esserci scritto Vietnam disse una volta Martin Luther King. E Bruce è d'accordo. Per questo spegnerà sul nascere il tentativo di Ronald Reagan di usare la canzone durante la campagna elettorale. Ma il disco uscito il 4 giugno del 1984 non è solo la titletrack: c'è una clamorosa hit come Dancing in the Dark, che il boss scrive in un paio d'ore, come un atto liberatorio. Il pessimismo non evapora del tutto ma il pezzo è rock e dance. Lo spiega anche il video della canzone diretto da Brian De Palma con una giovanissima Courtney Cox Bruce come Elvis sul palco puro spettacolo. 12 canzoni in una sequenza strepitosa che comprende Cover me, I’m on fire, No surrender, Bobby Jean, Glory Days, My hometown, cantate da Dio suonate da paura. Sono passati 40 anni il disco ha venduto più di 30 milioni di copie e affidato Springsteen alla Leggenda. E come si recita in un vecchio western, qui siamo nel West dove se la leggenda diventa realtà vince la leggenda. Giorni di gloria ti passano accanto, rapidi come il battito di ciglia di una ragazzina canta in Glory days. Il boss c'era allora e c'è oggi nel profondo di ognuno di noi.