50 anni fa, solo un anno dopo l’esplosione di colori di Sergent Pepper, usciva un long playing dalla copertina completamente bianca e con solo una piccola scritta: The Beatles. Era il loro ottavo e terzultimo disco, il cosiddetto White Album, uno dei dischi più importanti nella storia della musica pop. Conteneva un insieme caotico di canzoni, stili, messaggi maturati tra tensioni e liti, inedite fino ad allora per il gruppo. I Beatles lo incisero di ritorno da mesi di meditazione in India, che per la grande influenza dei fab four sulla cultura del tempo, aprirono ai giovani occidentali una rotta nuova, anche aerea, verso la ricerca di sé. Quell’esperienza cambiò anche i quattro, in direzioni diverse. Di lì a due anni si sarebbero dimostrate inconciliabili. In quelle canzoni, bellissime, il disagio esistenziale sostituisce definitivamente l’ energia incosciente che aveva fatto dei Beatles i campioni di una generazione che travolgeva ogni cosa spinta dal sorriso e dall'impudenza. Alla soglia dei 30 anni i quattro erano diventati adulti, ognuno a suo modo .Proprio come quella generazione che alla fine del 1968 frantumava già in mille direzioni diverse l’onda fortissima del sogno di cambiare tutto.