Ciao bella, ehi che fai mi ignori, fai la preziosa. Mettiamoci nei panni di Marta, di Elena o rimaniamo nei nostri semplicemente di donna; a tutte sono capitate scene come queste in strada, sui mezzi pubblici, a scuola fin da ragazzine. Il progetto In Gene della scuola superiore Sant'Anna finanziato dalla Commissione Europea affronta il tema della violenza di genere, con l'aiuto della realtà immersiva. La finalità è chiara creare un'empatia anche se forzata. "L'idea è quella di cercare di fare immedesimare soprattutto i giovani uomini, giovani ragazzi, studenti, allievi della scuola nella condizione della vittima; che è una cosa ovviamente non facile da fare perché si può teoricamente immaginare che cosa prova una donna vittima di catcalling o di molestie sessuali, ma sperimentarla attraverso la realtà immersiva con visori che appunto propongono delle storie particolari che sono state ideate appunto all'interno di questo progetto, diventa qualcosa di molto più efficace." La sperimentazione va avanti da diversi mesi hanno indossato i visori studenti, calciatori, uomini più o meno adulti. "È emerso che appunto soprattutto alcuni giovani ragazzi ci dicono appunto che per esempio non avevano mai sperimentato che cosa volesse dire una differenza fisica e di altezza e significativa alcuni hanno addirittura interrotto l'esperienza della realtà immersiva perché ci sono sentiti in grande difficoltà, come in una gabbia, senza potere-avere possibilità, insomma, di uscita." La gabbia alle volte è molto sottile e le discriminazioni sono una realtà anche in contesti di élite, accademici, sentiamoci ancora una volta Marta, giovane ricercatrice. "Buongiorno Marta, scusami non ti avevo riconosciuta, stai molto bene vestita così, molto elegante. Ci fossero più signorine di bella presenza come te alle conferenze e meno vecchi talponi come me ad annoiare la platea avremmo sicuramente le aule più piene. Non è vero, dottore.".