Moon Jae-In, 64 anni, avvocato, leader del Partito democratico, è il nuovo Presidente della Corea del Sud. Sconfitto per poche migliaia di voti quattro anni fa dalla signora Park Geun-hye, costretta, poi, alle dimissioni e attualmente in carcere per corruzione e alto tradimento, Moon riporta alla guida del Paese il Partito democratico dopo quasi dieci anni di Governi conservatori di destra. Anche se i risultati definitivi saranno noti solo in nottata (l’alba in Italia) gli exit poll sono unanimi nell’accreditarlo di oltre il 41 per cento dei voti contro il 22 per cento del candidato ultraconservatore Ahn, soprannominato “il Trump coreano” e che ha già riconosciuto la sconfitta. Vogliamo pace e prosperità, ha dichiarato Moon davanti ad una folla che lo acclamava, e otterremo entrambe. L’avvento al potere di Moon, da anni esponente di punta del movimento pacifista e paladino dei diritti umani, è destinato a mutare profondamente gli equilibri nella penisola, soprattutto per il fatto che ha già dichiarato l’intenzione di rilanciare la politica del dialogo con il nord, la cosiddetta “sunshine policy”, inaugurata nel 2000 dall’allora Presidente Kim Dae Jung, con uno storico viaggio a Pyongyang che gli valse, poi, il Premio Nobel per la pace. Nel corso della sua campagna elettorale, Moon ha più volte dichiarato di volersi incontrare al più presto e senza precondizioni con il leader del nord, Kim Jong-un.