Il passaggio del testimone avviene per mano degli stessi leader che per due giorni a Roma hanno discusso su cosa fare sul clima. Ci sono quasi tutti ma c'è soprattutto il premier Draghi, che senza mezzi termini, assegna a COP26 il compito di dare spessore a quei principi fissati durante il G20. Ancora una volta ricorda che il tempo è scaduto, che i livelli di emissioni hanno già superato i valori pre Covid e che la salvaguardia dell'ambiente non è solo una questione etica ma è fondamentale per sostenere società ed economia. "L'iniziativa è molto, molto importante traccia il percorso che dovremo intraprendere tutti insieme per dare una risposta al problema che, questo ci continuiamo a dire, non possiamo risolverlo da soli, un singolo Paese non può rispondere a questi problemi e questa è forse la più importante iniziativa collettiva diretta a questo fine." Non nasconde le difficoltà ma comprende anche la posizione di quei Paesi che oggi inquinano di più, ma qui non si può far pagare tutto il prezzo di chi prima ha inquinato quanto e più di loro. Per questo bisogna mobilitare risorse economiche e capitali privati, chiama in causa la Banca mondiale e il Fondo monetario e a Glasgow chiede l'elaborazione di un modello per attivare e distribuire queste risorse. Ma dialogando, senza lasciarsi andare a scontri e ad un muro contro muro che non produrrebbe alcun risultato. "Con la diplomazia dello scontro non si arriva a niente, ma questa è la mia convinzione. É una diplomazia che deve essere basata sulla vicinanza nel perseguimento di un obiettivo comune, non sullo scontro e in questo senso chiaramente la situazione e le situazioni, varie situazioni, di difficoltà geopolitica non aiutano ma bisogna essere capaci, secondo me, di superarle." Non ci sono Paesi colpevoli e neppure Paesi innocenti, è un richiamo che vale per tutti quello con cui Draghi lascia la Scozia convinto che questa volta ci siano i margini per portare a casa un risultato positivo, perché se il pianeta crolla alla fine nessuno potrà dirsi salvo.