Non l'hanno ufficialmente invitata come lei stessa ha rimarcato arrivando a Glasgow eppure i leader politici del mondo, riuniti per COP26, continuano ad evocare lei e il suo bla bla bla in ogni discorso che fanno. La generazione di Greta Thunberg è la vera protagonista di questo summit sul clima, che ha il sapore dell'ultima possibilità per evitare il precipizio. Ed è inevitabilmente ai giovani che i leader guardano, alle loro critiche e ai loro rimproveri perché sono loro che rischiano di pagare, in ultima istanza, il prezzo più alto per l'inattività di chi li governa. Greta ma non sono Greta, perché la protesta si è arricchita col passare del tempo di nuovi volti e nuovi nomi: come quello della poetessa, attrice e modella britannica di origini nigeriane Yrsa Daley-Ward che rivolgendosi ai presenti alla cerimonia di apertura del summit ha ammonito: "Niente cambierà senza di voi, siamo nati per essere creatori di un futuro possibile, abbiamo il mondo nelle nostre mani, la terra ha tanto da dare" ha aggiunto. É un soft power potente quello esercitato da altre giovani donne come l'attivista della Samoa che ha raccontato il rischio di sparire che corrono gli stati insulari per l'innalzamento dei mari e la giovane dell'Amazzonia che ha ricordato un suo parente ucciso lottando per la difesa del suo territorio. Un soft power trasversale che passa dalle generazioni più giovani alle più anziane e che ha visto oggi sul palco un altro importante testimone passare idealmente dalla Regina Elisabetta al Principe Carlo da ormai diversi decenni impegnato in tema di ambiente, e che ha già a sua volta nel figlio William il naturale erede nel portare avanti le istanze ambientaliste della famiglia reale.