La terra, il pianeta in cui viviamo, piegato, sfruttato, umiliato da decenni di politiche in cui la dottrina della crescita e dello sviluppo ha prevalso sul rispetto del nostro ecosistema. Un equilibrio fragile, delicato in cui siamo tutti collegati, tutti connessi. Un unico destino dall'Europa all'Africa, passando dall'Asia, fino agli Stati Uniti davanti alle conseguenze che quelle politiche hanno determinato. Conseguenze, come gli eventi atmosferici estremi dovuti al riscaldamento globale e all'inquinamento da CO2 che potrebbe, secondo gli ultimi studi, essere collegato anche alla diffusione del coronavirus. L'inquinamento atmosferico sappiamo che può causare attraverso l'esposizione di lungo periodo, un maggiore rischio per diverse patologie... respiratori cardiovascolari e quindi diciamo che è anche possibile che possa creare una maggiore predisposizione a contrarre, se contagiati, delle forme più importanti del virus e quindi in qualche modo avere una prognosi aggravata. Il 2020 doveva essere l'anno di svolta per un'azione globale contro il riscaldamento climatico, ma la pandemia ha fermato il mondo in un istante che sembra eterno, in cui la ripartenza è diventata la nuova dottrina. Tornare al mondo com'era prima, anche se quel mondo non era poi così buono, Questo problema del coronavirus oltre ai benefici che vediamo sulla qualità dell'aria, ci fa capire come in realtà c'è bisogno adesso di ripartire, ed è importante ripartire puntando su settori strategici che hanno un futuro, non sui combustibili fossili, non su vecchi progetti infrastrutturali che non hanno, che non portano tanti posti di lavoro e hanno magari impatto ambientale, invece si può cogliere questa occasione per veramente rilanciare l'idea di un piano industriale sull'obiettivo che abbiamo già preso quale la decarbonizzazione. Abbiamo l'occasione per scrivere il nostro destino, per invertire la rotta e rendere il nostro pianeta un luogo più bello, più vivibile, più giusto.