Greenpeace, una spedizione contro la plastica

30 giu 2021
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"Questa diciamo che sembra proprio quella, la cosiddetta zuppa di plastica perché come potete vedere, abbiamo raccolto veramente un elevato quantitativo di frammenti, di cose visibili a occhio. Quindi immaginiamo che qua dentro ci sia anche molta roba che in questo momento, a occhio nudo, non riusciamo a vedere". Difendiamo il mare. Si chiama così la spedizione di Greenpeace, che studia i nostri mari con campionamenti in superficie e in profondità. "Il nostro obiettivo è quello di documentare lo stato di salute di questi mari, verificare lo stato di inquinamento da plastica e microplastica, ma anche l'impatto dei cambiamenti climatici, due fenomeni che in qualche modo sono interconnessi, perché entrambi riconducibili allo sfruttamento dei combustibili fossili, che da una parte hanno determinato l'emergenza climatica in atto e genera i suoi impatti devastanti anche sul mare e dall'altro sono i materiali base, da cui si ricava il 99% della plastica oggi in commercio". Con la nave Bamboo messa a disposizione dalla Fondazione Exodus quest'anno si è scelto l'Adriatico centro-meridionale, comprese aree marine protette di enorme valore e bellezza, come le Isole Tremiti dove siamo, che non sono al riparo da insidie come i rifiuti che galleggiano e microplastiche, che finiscono poi nella catena alimentare, avvelenando i pesci, come è stato osservato dagli scienziati e si sta anche osservando proprio andando verso il fondale, che la presenza di microplastiche aumenta. "Se la quantità di microplastica, lungo la colonna d'acqua è elevata, aumenta la probabilità che appunto, gli organismi la possano ingerire e possano avere un effetto deleterio dal contatto con la microplastica". "Non è un bel segnale assolutamente questo, è un po' che studiamo questi effetti e quindi li abbiamo già comprovati e molte specie di organismi marini, anche dell'Adriatico e quindi questo ci fa pensare che gli stessi effetti potenzialmente possono essere anche subiti dall'uomo, che ingerisce microplastica, attraverso la via alimentare". Un'azione di studio e sensibilizzazione, che si incrocia con l'entrata in vigore della Direttiva Europea, che mette al bando la plastica monouso, compresa quella biodegradabile e compostabile, sulla quale sono in corso degli studi. Per il momento l'orientamento italiano è invece diverso e ne prevede l'utilizzo ad esempio, per stoviglie e posate. "L'Europa è partita dalla scienza, proprio perché non esistono prove certe che indichino una biodegradabilità in tempi brevi di questi manufatti, una volta dispersi nell'ambiente. Noi riteniamo doveroso seguire le indicazioni scientifiche e quindi non dare spazio a questi materiali".

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