Addio a Camilleri, la sua visione di cultura e politica

17 lug 2019
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“Diciamo, nei suoi scritti vedo sempre che c'è una via d'uscita, c'è uno sguardo amaro, decadente, se vogliamo, un po' sciasciano, ma anche pirandelliano, e lei rappresenta quasi il superamento sia dell'umorismo pirandelliano che dello sguardo decadente di Sciascia”. “Io sono un po' più ottimista, direi, in questo senso, cioè Vittorio Alfieri diceva che quando si arriva al tramonto sia ha l'umor nero. Io non ho l'umor nero del tramonto. Posso avere l'umore grigio, ma nero proprio no, cioè ho una radicale e radicata fiducia nell'uomo, proprio prima o poi i problemi si risolvono. Si pagano magari cari, ma si risolvono”. “Nei suoi libri è importantissimo l'uso della lingua. Lei usa spesso il dialetto, questo dialetto che dovrebbe dividere, ma in realtà unisce, stando al successo che i suoi libri hanno, poi, da Nord a Sud, e addirittura oltre confine”. “Sì”. “Come spiega questo successo letterario?” “Questo francamente è inspiegabile dal punto di vista strettamente personale, però voglio dire che questi romanzi miei, scritti con molta e larga partecipazione di dialetto o pseudo dialetto, hanno come aperto, scoperto, una vena, cioè ora molti scrittori hanno trovato proprio a provare a scrivere in dialetto, e la trovo una cosa fondamentale il recupero dei dialetti proprio a favore della lingua italiana, come nuova linfa da portare al vecchio albero della lingua italiana”. “Senta, mi hanno molto affascinato le sue risposte ai perché con la cultura si riesce a mangiare. Lei pensa che questo Paese, in qualche modo, ha messo a dura dieta la cultura?” “Sì. Infatti, quando si leggono le statistiche e ti vengono a dire che l'Italia è l'ultimo Paese a spendere per la cultura è un modo di procedere da ciechi, perché la cultura rende. Se lo Stato spende per la cultura cinque, dalla cultura riceve dieci, riceve 15. E cultura non è soltanto i musei o i teatri o le belle piazze di cui disponiamo. Cultura è anche il paesaggio italiano, per esempio, che tendiamo, così, a sfruttare ignobilmente. Io me ne accorgo con Montalbano. Gli inglesi hanno scoperto la Sicilia dopo aver visto Montalbano in televisione e vengono in Sicilia”.

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