La giustizia italiana è in emergenza. Le risorse sono carenti, oggi, ancora di più rispetto al passato: manca il personale, gli uffici sono al collasso, mancano i magistrati e i tempi dei processi sono troppo lunghi. Un quadro desolante. Ne sono convinti i vertici dell’Associazione nazionale magistrati. “In alcuni uffici, l’età media delle persone è di 56 anni. Si possono mai fare corsi, che a volte sono di anni, a personale di 56 anni?”. A Roma c’erano i capi delle procure e degli uffici giudiziari convocati per lanciare l’allarme. Con il Ministro della Giustizia il dialogo c’è − spiega il sindacato delle toghe − ma non bastano le buone intenzioni. E poi c’è la questione della riforma del processo penale, che contiene le contestate norme su prescrizioni e intercettazioni e che rischia di finire in coda all’ordine del giorno dei lavori d’aula di Palazzo Madama. Molti provvedimenti non sono piaciuti all’ANM; per questo, il ritiro della fiducia sul disegno di legge è stato accolto favorevolmente. “Non sono affatto d’accordo, in Parlamento, su che cosa fare. Questo è il punto. Noi diciamo che, se non dopo l’esercizio dell’azione penale, come avviene in molti Paesi, almeno dopo la sentenza di primo grado, la prescrizione non deve decorrere più. Qualcuno deve spiegarmi per quale ragione mai, se l’imputato non si acquieta dalla sentenza di primo grado e appella, perché deve maturare la prescrizione. È lui che vuole un altro processo”.