Se oggi posso dire che in questo momento non abbiamo casi di covid all'interno tra la popolazione detenuta è grazie proprio a un lavoro congiunto e a dei protocolli che sono comunque rigidamente seguiti. Il direttore del carcere di Bergamo, Teresa Mazzotta, nel cuore dell'epidemia non ha usato una ricetta unica, ma ha puntato sulla sinergia massima tra tutti i settori. Per fronteggiare l'emergenza covid-19 controlli quotidiani di temperature e positività del personale penitenziario, soprattutto sui nuovi arrivi tra i detenuti. Un protocollo rigidissimo di prevenzione, stilato con le autorità sanitarie del carcere. Prima il triage di base e poi. Il nuovo giunto dopo la valutazione clinica effettua nell'immediatezza il primo tampone, quindi nell'ambito delle 24 ore e entro le 48 ore si conosce l'esito. Se negativo, viene spostato in una sezione intermedia dove effettuerà dopo circa 10 giorni il secondo tampone. Se anche il secondo, tampone dà esito negativo, il personale sanitario darà indicazioni per una corretta collocazione a vita comune. Il tampone sicuramente è uno screening utilissimo che consente di salvaguardare il resto delle persone della comunità penitenziaria. Un sistema di regole a protezione della salute dei detenuti e di cura degli umori. Una diffusione capillare delle informazioni, tradotte in tutte le lingue del carcere. Non solo scritte, ma con incontri per contrastare le fake news che in altri istituti hanno prodotto le violenti proteste. Poi ancora videochiamate Skype con i parenti e avvocati, accresciute nel numero e nella frequenza, ma soprattutto il potenziamento delle attività istruttive, grazie al progetto scuola a distanza. Con il distanziamento previsto e indossando i dispositivi di protezione individuale, i detenuti seguono le videolezioni. Chiave dunque la sinergia tra istituzioni, dal Sindaco di Bergamo, al Ministro della giustizia che ha fatto arrivare i computer, ma soprattutto la presenza del personale medico specializzato. A capo del team sanitario dell'istituto il virologo Giampietro Gregis, in prima linea all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo che ha saputo attuare tempestivamente le misure anti contagio anche in carcere.