Morti da spalmare su più giorni per non creare il panico ed evitare la zona rossa, contagi comunicati parzialmente, il numero di tamponi effettuati sovrastimato. Sono questi i metodi che avrebbero utilizzato tre dipendenti dell'Assessorato Regionale alla Sanità in Sicilia, con il benestare del dimissionario assessore Ruggero Razza, per camuffare i numeri della Regione. I tre dirigenti sono finite ai domiciliari, mentre Razza è indagato. Numeri preoccupanti, soprattutto nelle ultime settimane e che, se comunicati realmente, avrebbero portato di certo Palermo in lockdown. Ma questo non è avvenuto perché i dati non venivo trasmetti correttamente. L'inchiesta di Trapani è solo all'inizio, le persone coinvolte potrebbero infatti essere molte altre. La lente d'ingrandimento dei magistrati si posa su tutti i personaggi che hanno gestito e che gestiscono ancora l'emergenza Covid nella Regione, tra loro anche il commissario straordinario Renato Costa, che non risulta indagato ma che viene chiamato in causa per la comunicazione dei dati che arrivano dal più grande drive-in per i tamponi della Sicilia. Estraneo ai fatti anche il Presidente alla Regione, Nello Musumeci, che scrive il Gip: "si sarebbe fidato ciecamente dell'operato del suo assessore". Ruggero Razza, che ieri ha lasciato il suo incarico, sostiene di aver agito correttamente ma, davanti ai magistrati, fa scena muta e si avvale della facoltà di non rispondere. E intanto ieri, per la prima volta dall'inizio della pandemia, con Musumeci ..., uno degli Assessore alla Sanità, non sono stati diffusi i dati del contagio perché, scrive in un comunicato la Regione, ci sono stati problemi organizzativi che però, sanno più di terremoto, in un momento cruciale nella lotta al virus.