Anche Totò Riina ha diritto a morire dignitosamente e potrebbe finire di scontare la sua pena non più in carcere ma ai domiciliari, il condizionale è d’obbligo, ma la Prima Sezione penale della Cassazione apre a questa ipotesi. Per la prima volta, infatti, i supremi giudici hanno accolto il ricorso del difensore del boss corleonese fino al momento del suo arresto a capo di Cosa Nostra che chiede la scarcerazione del suo assistito per gravissimi motivi di salute. Il capo dei capi, infatti, oltre all’età avanzata è affetto da una neoplasia renale ed ha una situazione neurologica e cardiaca altamente compromessa. Fino ad oggi tutte le istanze presentate dall’avvocato di Riina erano state respinte. Adesso arriva questa apertura da parte della Corte di Cassazione e il Tribunale di sorveglianza sarà chiamato a decidere sul da farsi. C’è da valutare, infatti, se le condizioni di salute del boss siano ancora compatibili con quelle carcerarie. Il Tribunale del riesame più di una volta aveva sottolineato come al detenuto fossero sempre state garantite tutte le cure per le sue patologie e per questo poteva rimanere in carcere a scontare gli ergastoli che gli sono stati inflitti. Adesso, però, l’intervento della Cassazione potrebbe far cambiare le cose e Riina potrebbe lasciare il carcere per i domiciliari o addirittura usufruire del differimento della pena. I giudici del Tribunale di Bologna avranno il compito di stabilire se, come è scritto dalla Cassazione, lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza e una afflizione di tale intensità da andare oltre la legittima esecuzione di una pena. Insomma, è una decisione difficile quella che spetta ai giudici bolognesi e che, in un modo o nell’altro, farà molto discutere. Per la Cassazione, tenuto presente l’altissimo profilo criminale del boss che ordinò le stragi di Capaci e di Via D’Amelio, si deve comunque garantire al detenuto la possibilità di una morte dignitosa.