Due storie lontane per ambientazione, una avvenuta a Cassino, l’altra vicino Torino. Ma così simili, che vogliamo raccontarvele insieme. Protagonisti due bambini e due papà, anche se uomini così si fa fatica a chiamarli in questo modo. Le storie. Quella che arriva dalla provincia di Frosinone ci racconta l’ennesimo caso di ludopatia, quella malattia ormai riconosciuta, e terribilmente diffusa, che riduce le persone schiave del gioco, in questo caso un operaio trentenne: talmente dipendente dalla slot machine, da restare ore e ore a bruciare soldi, noncurante del proprio figlio, tre anni appena, lasciato sul pavimento a giocare con le automobiline. Quando gli agenti del commissariato di Cassino, entrando in quella sala giochi per controlli di routine hanno visto il piccolo, non hanno impiegato molto ad individuarne il padre, che goffamente ha tentato di nascondere il ragazzino tra le gambe, contando sulle luci basse del locale e sulla confusione. Mentre alcuni agenti lo identificavano per inchiodarlo alle responsabilità, altri distraevano il bambino per non spaventarlo. L’uomo è stato segnalato ai servizi sociali e rischia una denuncia, mentre il bimbo, in attesa di una decisione del Tribunale dei minori di Roma, è stato affidato alla madre. Alle cure di una zia paterna, invece, è stato dato un altro bambino di 12 anni. È stato lui stesso a spiegare ai carabinieri chi lo avesse lasciato per ore chiuso dentro un’auto, con il motore acceso in un parcheggio di Santena, nel Torinese. Attirati da quella macchina accesa e ferma, i militari hanno visto il ragazzino sdraiato che dormiva sui sedili posteriori: “Papà mi ha detto di riposare tranquillo in auto”, ha detto il dodicenne ai carabinieri: “Ma dov’è?”, gli hanno chiesto. “In discoteca”, la risposta. Lì dentro, alle 3 di notte passate, i militari lo hanno arrestato: un autotrasportatore di 35 anni. Si stava divertendo, come il padre di Cassino. Giudicarli non serve. Forse curarli, ma lontano dai loro figli.