Preso. Antonio Pelle è stato stanato così: un’intercapedine nel muro tra la camera da letto e il bagno, sbuca da dietro l’armadio, il boss calabrese, da un’uscita grande quanto una piccola cassaforte, di quelle che si nascondono dietro ai quadri. A riprova che i capi, quei capi, durante la latitanza non si allontanano mai. Antonio Pelle è stato condannato in via definitiva a vent’anni per associazione mafiosa, traffico di armi e stupefacenti. Era inserito nell’elenco dei cento latitanti più pericolosi. Al capo del clan Pelle-Vottari, nell’entroterra di San Luca, in guerra con i Nirta-Strangio, guerra culminata poi con la strage di Duisburg nel Ferragosto del 2007, in risposta a quella di Natale con l’omicidio di Maria Strangio, che ha aperto la faida. Antonio Pelle era evaso dall’ospedale di Locri per una grave forma di anoressia, ma, secondo quanto poi emerso dall’inchiesta della DDA, non era piantonato e in un momento di confusione era riuscito a scappare. Nascosto dal 2011 nel posto più vicino e che, secondo lui, era il più sicuro: casa sua. Ma ormai non è più così. Secondo il Capo della mobile di Reggio, Francesco Rattà, vale anche questa volta il concetto secondo cui i veri boss non si allontanano mai troppo dal territorio d’origine. Complimenti dal Ministro Alfano: “Questo dimostra – dice – ancora una volta che nessuno può sfuggire per sempre alla giustizia”.