Quello a cui ci sottoponiamo è il cosiddetto test rapido, uno dei tre approcci diagnostici al coronavirus, diverso dal tampone nasale e dal test sierologico. Per l'esame è sufficiente una piccola e indolore puntura sul polpastrello. Si procede quindi al prelievo di una goccia di sangue capillare. Poi, attraverso un reagente, il test cerca gli anticorpi IgG e IgM, sviluppati dal nostro organismo per combattere il virus. Se presenti, si è positivi e ci si dovrà sottoporre al tampone nasale. Se assenti, come nel mio caso, si è negativi. Lei ha fatto il test, è risultato negativo e noi possiamo abbastanza escludere che lei sia stato infettato più di 10 giorni fa. I vantaggi sono la velocità, esito entro 10 minuti e costi contenuti, meno della metà rispetto agli altri due esami, ma il test rapido ha dei limiti e non sostituisce in ogni caso il tampone nasale. Il limite di questo test è che per sviluppare gli anticorpi devono almeno passare 10, 11 giorni dal momento in cui insorgono i sintomi. Per cui se io ho un risultato negativo non è detto che quel paziente non sia infetto. Lo stiamo già facendo a tutti gli operatori e gli ospiti delle case di riposo, quindi di centri servizi. Poi lo faremo anche ai centri per l'handicap, quindi a ospiti e lavoratori. Poi sarà esteso ovviamente anche ai lavoratori delle pulizie, ai lavoratori dei supermercati, eccetera. Cioè in poche parole, è un test che ha la possibilità di essere esteso a macchia d'olio.