Giorgio vive qua, su questo giaciglio sotto il portico, a due passi da Piazza San Pietro. Pochi metri più in là dorme una signora, ci chiede qualche moneta per comprarsi da bere in attesa che apra la messa del Vaticano per i senzatetto. Giorgio è uno degli oltre 8 mila i clochard che vivono a Roma, tra i giardini aperti e sulle banchine del Tevere. Per loro, lo slogan “Io resto a casa”, che tutti ci ripetiamo da giorni, ha un significato ben diverso: io vorrei stare a casa. Purtroppo, ci sono troppe persone che sono senza casa. In queste settimane di allerta per il Covid-19, la Caritas, come tutte le altre Organizzazioni che fanno assistenza ai senzatetto, sta facendo uno sforzo extra per garantire un aiuto continuo, non senza difficoltà. Non sono centri h24, di giorno devono uscire necessariamente e alcuni dei nostri ospiti, che sono usciti, sono stati anche multati, hanno ricevuto l'invito di tornare a casa. L'ironia della sorte, sei anche multato, ma non hai una casa. Le nuove regole, stabilite dal Governo, hanno messo una stretta sulla capacità ricettiva dei centri della Caritas, ostelli e mense. Stiamo provando di individuare delle strutture idonee, andando in dialogo con il Comune, in un'ottica di deroga, proprio per ridurre il numero degli ospiti dei nostri centri, svilupparli su altri posti per poter rispettare il non assembramento. Fino ad ora nessun clochard è rimasto contagiato, 4 casi sospetti sono risultati negativi al tampone. Non possiamo accogliere queste persone, la domanda è alle Istituzioni: dove mandiamo queste persone? I senzatetto, poi, non sono gli unici questa situazione. Questo problema riguarda i campi nomadi, quelli riconosciuti o quelli spontanei, riguarda le carceri.