Un accordo economico per pilotare una sentenza. Un sodalizio illecito che è costato un nuovo arresto all’immobiliarista romano Stefano Ricucci e che ha visto finire in carcere anche il suo socio in affari, Liberato Lo Conte. È accusato di corruzione in atti giudiziari per aver offerto a un magistrato denaro, cene di lusso e serate in locali alla moda in cambio di una sentenza a suo vantaggio. Il giudice in questione, ora agli arresti domiciliari, è Nicola Russo, della Commissione Tributaria del Lazio e consigliere di Stato, già sospeso dal servizio. Un’indagine che iniziò nel luglio del 2016 con l’arresto di Ricucci e di un suo collaboratore per un giro di fatture false da quasi 1,5 milioni di euro per operazioni inesistenti. Da allora, il lavoro della Guardia di Finanza non si è mai interrotto, consentendo, anzi, di accertare che tra gli imprenditori e il giudice Russo c’era un accordo corruttivo mirato ad ottenere un pronunciamento favorevole alla società dell’immobiliarista nell’ambito di un contenzioso tributario con l’Agenzia delle Entrate, per vedersi riconosciuto un credito IVA superiore ai 20 milioni di euro. In sostanza, grazie ai file e ai documenti sequestrati in questi due anni, è stato possibile accertare un precedente legame, un vincolo di fiducia tra il giudice e i due affaristi, tale da configurare un conflitto di interessi. Eppure – hanno ricostruito le Fiamme gialle – il magistrato, invece di astenersi dal giudizio, in secondo grado si pronunciò a favore dell’impresa amica, ribaltando così la precedente sentenza della Commissione Tributaria provinciale, che si era, invece, espressa a favore dell’Erario.