I giudici tarantini sono da considerarsi parti offese del disastro ambientale, vittime cioè dello stesso reato che sono chiamati a giudicare. A Taranto quindi mancherebbe la serenità di giudizio necessaria per un processo come quello sul presunto inquinamento provocato dall'ex Ilva che viene ora azzerato nella sua sentenza di primo grado e trasferito per competenza a Potenza. Una decisione clamorosa, quella della sezione distaccata di Taranto della Corte d'Appello di Lecce, presso cui si stava svolgendo il processo di secondo grado che accoglie la richiesta dei difensori e di alcuni imputati che già nelle prime udienze avevano evidenziato come diversi giudici togati e popolari che avevano emesso la sentenza di primo grado, vivessero negli stessi quartieri in cui risiedono molte delle vittime che hanno ottenuto il risarcimento. Il processo ambiente svenduto quindi è da rifare, annullate le 26 condanne per un totale di quasi 300 anni di carcere nei confronti di 37 imputati, tra i quali i fratelli Fabio e Nicola Riva ex proprietari dell'Ilva e l'ex governatore pugliese Nichi Vendola, azzerate confische e risarcimenti. Grande la delusione tra gli ambientalisti, sempre presenti in udienza, il rischio ora per loro è che la prescrizione ridimensioni il grande processo sui veleni del siderurgico.