"Basta trattarci come cittadini di serie B, è assurdo che ci voglia più di un mese per individuare il farmaco mortale". Fabio Ridolfi, ha 46 anni e vive a Fermignano in provincia di Pesaro e Urbino. Da 18 anni è immobilizzato a letto a causa di una tetraparesi e affiancato dall'Associazione Luca Coscioni, ha avviato una battaglia per il suicidio medicalmente assistito. Dopo i ritardi sull'indicazione della procedura e del farmaco, però ha scelto di porre fine alle proprie sofferenze con la sedazione profonda e continua, e contestuale sospensione di alimentazione e idratazione con la PEG. Fabio ha già ricevuto dal comitato etico, l'autorizzazione al suicidio medicalmente assistito, ma non è mai stato indicato il farmaco da utilizzare. È inaccettabile, continua Fabio, che l'Azienda Sanitaria delle Marche abbia comunicato la risposta del comitato etico, 40 giorni dopo. In quell'arco di tempo sono stati fatti tre solleciti. Inoltre, non è mai stato indicato il nome del farmaco da utilizzare per il suicidio assistito. "Grazie al vostro menefreghismo, sono praticamente costretto a scegliere la strada della sedazione profonda e permanente, con la sospensione dei sostegni vitali, per evitare di soffrire oltremodo, a causa delle inutili lungaggini burocratiche per ottenere il suicidio assistito. Vorrei dire alle persone che vivono come me, di farsi sentire altrimenti le cose non cambieranno mai. È ora che in Italia si parli chiaramente di eutanasia. È atroce non poter decidere della propria vita, mentre aspetti dei mesi che altri lo facciano al posto tuo. Scegliere di morire è un diritto di tutti, ripeto di tutti. Spero che tutto questo serva ad aiutare quelli che purtroppo vivranno la mia condizione". Fabio Ridolfi, spiega Marco Cappato, denuncia il menefreghismo del Sistema Sanitario e dei partiti in Parlamento che si rifiutano di discutere e decidere sul fine vita.