Vent'anni fa moriva Indro Montanelli, "il Principe", tra i più grandi giornalisti del secolo breve, che per lui fece un'eccezione. È stato molte cose: cronista, scrittore, fascista e antifascista, simpatizzanti degli anarchici spagnoli, volontari In Etiopia, dove sposò una bambina, gambizzato dalle BR, paladino della borghesia poi della anti-berlusconismo. Gli italiani, su di lui, si sono divisi, ma Montanelli ha saputo raccontarli con lucidità. Questo è suo il studio di Roma, dove aveva abitato con la moglie Colette Rosselli, vi sono conservate edizioni rare e volumi con dedica manoscritta, come questo, di Montale. C'è anche Bassani. "Questo è Giorgio Bassani: a Indro Montanelli, molto cordialmente, il suo Giorgio Bassani. Su una cosa stavano d'accordo di certo: sul tema dell'ambiente". Nello studio di Milano, gli oggetti della vita quotidiana: la "lettera 22", i ricordi del passato che non ha mai censurato. Entrambe le stanze sono state riallestite nel Palazzo della Fondazione Montanelli-Bassi, a Fucecchio, suo luogo natale. Cosa resta di una vita così? La mia eredità sono io, amava ripetere. "È strumento del potere, chi vuole diventare strumento del potere. Chi non vuole diventarlo, glielo garantisco io, non lo diventa. Questo glielo dice uno che oramai è arrivato in fondo e quindi non è, le posso garantire...".