I casi sono due. C'è chi arriva in Pronto Soccorso, sa già di essere positivo e viene qui per sintomi da Covid. Una volta superato il triage ad hoc, se necessario, viene ricoverato nel reparto di malattie infettive o in terapia intensiva. C'è chi invece entra per altre ragioni: un incidente, un attacco di appendicite o viene in ospedale per cure oncologiche o per un intervento programmato. Siamo al Niguarda il più grande ospedale di Milano: dei 160 pazienti positivi ricoverati il 40% non è qui a causa del Covid. E così l'ospedale si è riorganizzato. In alcuni reparti sono state create aree polispecialistiche. Il blocco chirurgico si è sdoppiato: Covid positivo e non. I medici e gli infermieri gestiscono entrambi con tutte le difficoltà e le tempistiche per passare da area pulita a sporca. Stessa cosa in area medica, la gestione non cambia. Più netta la situazione in terapia intensiva Covid dove sono in 14: oltre il 70% non è vaccinato e necessita di cure intensive per gli effetti della malattia. La situazione del Niguarda è amplificata dal volume e dal numero di accessi ma negli altri ospedali della Lombardia le cose cambiano poco con una media di oltre il 30% di positivi asintomatici ricoverati. Quello che cambia è la capacità delle strutture più piccole di organizzarsi. Intanto la Lombardia resta in zona gialla e riapre, per la terza volta da quando è stata costruita, la terapia intensiva in Fiera dove è arrivato il primo paziente dei 30 posti disponibili.