Oggi abbiamo letto il parere del comitato tecnico scientifico dell'AIFA, che a maggioranza ha indicato la possibilità di usare i monoclonali in alcune categorie a rischio, in una fase estremamente precoce dell'infezione, le prime 72 96 ore. - Dove? - È quello il punto che dobbiamo vedere, questo dipenderà anche dal decreto, che ancora non abbiamo visto, quali saranno le indicazioni per la sede della somministrazione. È molto probabile che debba essere fatto in un ambiente dedicato, chiamiamolo Infusion Center, un centro che fa l'infusione endovenosa dei farmaci.- È difficile che un medico di base e vada a casa del paziente, faccia il tampone e poi l'infusione? - Questo non è al momento facilissimo da pensare. Vedremo un po' quali sono le indicazioni dell'AIFA in proposito, anche se non è il medico di base, teoricamente potrebbero essere le Usca. Bisogna però vedere qual è il contesto nel quale viene consigliato l'uso di questo farmaco che non so se possa essere quello della casa per la possibilità di reazioni avverse. - Quando ci potrebbe essere la prima infusione in Italia a questo punto? Alcune sperimentazioni sono già probabilmente state fatte. Noi speriamo che nel giro di una settimana riusciamo ad avere il parere dell'AIFA, può darsi che ci sia un registro che devono mettere su, quindi speriamo che sia in tempi brevi, è un'arma in più che abbiamo anche se ovviamente andiamo avanti su dati estremamente diciamo, tra virgolette, immaturi, però, davanti a un'assenza di possibili terapie è sicuramente una risorsa che può essere importante. Si tratta del primo farmaco uscito sul coronavirus di fatto, che dati abbiamo? Il primo farmaco diciamo, tra virgolette, dedicato perché il Remdesivir è un farmaco che era usato per altre patologie in precedenza. I dati che abbiamo sono che sembrerebbe in uno studio con due monoclonali di cui però in Italia sarà disponibile solamente uno, una riduzione al 70% dell'ospedalizzazione nei pazienti a rischio.