“Il coinvolgimento, anzi direi lo sfruttamento di alcuni minori non imputabili. Una bambina di otto anni veniva utilizzata per confezionare le dosi di cocaina e un bambino di dodici anni, invece, per consegnare ai diversi acquirenti per strada nelle piazze di Napoli”. C’è anche questo spaccato vergognoso, fatto di crimine, degrado e sfruttamento di minori, mamme che usano figli, nell’inchiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli che, all’alba, ha portato in cella 45 persone. Sono presunti appartenenti al clan Elia, 18 sono donne, mamme soprattutto, che non solo si sono macchiate di crimini come il traffico e lo spaccio della cocaina, ma hanno impiegato i loro bambini in queste attività criminali tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli, cuore del centro antico di Napoli, periferia estrema per il degrado morale che mostrano queste organizzazioni camorristiche. “Nel momento in cui si avviano al crimine i bambini nella più tenera età per loro quella vita sarà la normalità e questo fenomeno criminale della camorra non avrà mai fine, perché si rigenererà sempre con le nuove leve. È questo il filo che bisogna recidere per indurre le persone e anche queste persone a ritenere che il futuro dei loro figli è nella legalità e non nel delitto”. L’affare cocaina era ed è così redditizio che la cosca non solo vendeva all’ingrosso e al dettaglio una droga, ma imponeva anche il pizzo a quei pusher che in qualche modo provavano a venderla in autonomia.