Il processo per la morte di Giulio Regeni che vede imputati quattro agenti dei servizi segreti del Cairo, accusati a vario titolo di concorso in lesioni personali, omicidio e sequestro di persona aggravati, può proseguire davanti alla prima Corte di Assise. Nella sua introduzione, il Procuratore aggiunto Colaiocco, elenca le prove che porterà. Parla di Giulio, del dottorato in Egitto, dei depistaggi, della sua scomparsa il 25 gennaio 2016. "Ma il 3 febbraio il corpo di Giulio Regeni viene ritrovato sul margine di una strada denudato e deturpato dalle irruenti torture subite. Un corpo che ha raccontato tutto quello che Giulio non poteva più raccontare". 73 i testimoni della Procura, tra loro il capo del sindacato ambulanti l'uomo che ha ripreso la sua conversazione con Giulio Regeni su ordine del colonnello dei servizi, Sharif, imputato nel processo e convinto che Regeni fosse una spia inglese. Per fare arrivare in Italia e quindi poter ascoltare i 27 testi egiziani occorrerà, dice il PM, un grande lavoro. "Servirà un proficuo lavoro del Ministero degli Affari Esteri che dovrà suscitare la collaborazione delle autorità egiziane". Prossima udienza il 9 aprile e poi le altre in un ritmo serrato. "Finalmente abbiamo la certezza che questo processo s'ha da fare. Questo grazie, direi, agli sforzi di tutti di tutti noi soprattutto è di tutti voi. Era il momento che aspettavamo da tanto tempo e quindi noi non avremo mai gioia ma soddisfazione sì". Soddisfazione, dunque, e nessun commento dopo la visita e le parole del Presidente del Consiglio al Cairo. "Non commentiamo se non che nel nostro Paese fortunatamente c'è la separazione dei poteri a differenza di quello che succede nei regimi".