Tra tutti i lavoratori sono quelli più poveri con stipendi mensili ben sotto i 1000 Euro. Sono i 30 / 34enni: fascia di età più disagiata che vede un lavoratore su 8, l'11,9%, cioè assolutamente povero con un reddito complessivo annuo inferiore o uguale a 9.000 Euro, nonostante abbia un impiego. Il 17,6% di loro invece ha un reddito da lavoratore povero. É la fotografia di un paese che arranca restituita dalla ricerca realizzata dall'area lavoro ACLI in collaborazione con l'IRES, l'istituto di ricerca delle ACLI su circa un milione di dichiarazioni dei redditi del 2020 presentate al CAF. In base alla ricerca, non va meglio ai lavoratori alla soglia dei 40 anni. Il 26,3% dei 35-39enni 1 su 4 cioè, è considerato un lavoratore povero. Il 10,5% povero assoluto. E questo, nonostante si presuppone la maggiore esperienza dovuta all'età. Esperienza che però, per molti, non equivale a un avanzamento di carriera. Certo, l'anno di riferimento della ricerca è il 2020 che è stato particolare a causa della pandemia. Ma secondo il vicepresidente nazionale della ACLI, Stefano Tassinari, questa prima analisi dice chiaramente che il lavoro dipendente più stabile e continuativo quello in cui dovrebbero collocarsi lavoratori a ridosso dei 40 anni, fatica ad assumere quelle esistenza libera e dignitosa che la Costituzione imporrebbe ad ogni lavoro. Lo studio arriva all'indomani della diffusione dei dati Eurostat che vedono 4 regioni italiane tra le 5 europee con l'occupazione più bassa nel 2021. Si tratta di Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Territori con un tasso di occupazione compreso tra il 41,1 e il 46,7% a fronte di un tasso medio europeo di occupazione del 68,4%. Peggio ancora per le donne. Solo il 29,1% di loro ha un lavoro in Campania e in Sicilia.